Oggi, nell’aula del Tribunale di Genova, i pubblici ministeri hanno chiesto una condanna a 18 anni e 6 mesi di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, nell’ambito del processo sul crollo del Ponte Morandi. La requisitoria, durata diverse ore, ha rappresentato uno dei momenti più attesi del lungo iter giudiziario avviato dopo la tragedia del 2018.
Il crollo del Ponte Morandi: la tragedia che scosse l’Italia
Il 14 agosto 2018, una sezione del viadotto Morandi di Genova cedette improvvisamente, provocando la morte di 43 persone e il ferimento di decine di altre. L’evento, che colpì il Paese e l’opinione pubblica internazionale, mise in luce gravi criticità nella gestione della manutenzione e nei controlli sulla rete autostradale.
Il crollo segnò una svolta nella percezione della sicurezza delle infrastrutture italiane, portando a riforme legislative e a un’inchiesta complessa, con 57 imputati tra dirigenti, tecnici e funzionari di Autostrade e Spea Engineering.
Le accuse a Castellucci
Secondo l’accusa, Castellucci avrebbe avuto un ruolo determinante nelle scelte aziendali che portarono a rimandare gli interventi di manutenzione e a minimizzare i rischi strutturali del viadotto. I pm hanno parlato di “una gestione orientata al profitto a scapito della sicurezza pubblica”.
L’ex amministratore delegato, che oggi ha seguito l’udienza in videocollegamento dal carcere di Opera, si è sempre dichiarato estraneo alle accuse, sostenendo di aver agito in base alle informazioni tecniche fornite dai responsabili interni e dagli organi di controllo.
La requisitoria dei pubblici ministeri
L’udienza del 14 ottobre 2025 è stata interamente dedicata alla posizione di Castellucci. I magistrati hanno ripercorso in oltre quattro ore i documenti e le decisioni assunte negli anni precedenti al crollo, delineando – a loro giudizio – una catena di omissioni e sottovalutazioni che avrebbero contribuito alla tragedia.
La richiesta di 18 anni e 6 mesi di reclusione si accompagna a pene significative anche per altri dirigenti coinvolti, con l’obiettivo – hanno dichiarato i pm – di restituire “giustizia alle vittime e responsabilità a chi aveva il dovere di garantire la sicurezza del viadotto”.
Le prossime tappe del processo
Nei prossimi mesi il Tribunale proseguirà con le discussioni delle difese, mentre la sentenza è attesa nel primo semestre del 2026. L’esito del processo rappresenterà un passaggio cruciale non solo per i familiari delle vittime, ma anche per il futuro delle politiche di gestione delle infrastrutture italiane.
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