Attentato a Sigfrido Ranucci: esplosione a Pomezia, paura per il conduttore di Report. Indaga la DDA

autore Redazione

Nella notte tra giovedì 16 e venerdì 17 ottobre 2025 un ordigno esplosivo è deflagrato davanti all’abitazione del giornalista Sigfrido Ranucci, storico conduttore del programma Report su Rai 3.
L’esplosione, avvenuta a Campo Ascolano, nel comune di Pomezia, ha distrutto due automobili parcheggiate, tra cui quella del giornalista, e ha danneggiato le facciate di alcune abitazioni vicine.
Fortunatamente non si registrano feriti: pochi minuti prima del boato, la figlia di Ranucci era salita sulla propria auto per andare via.

Secondo i primi accertamenti, l’ordigno era collocato a terra, tra due vasi all’esterno del cancello, e conteneva circa un chilo di esplosivo ad alto potenziale. Gli inquirenti parlano di un gesto «premeditato e potenzialmente letale».


Indagini affidate all’Antimafia

Le indagini sull’attentato sono coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi.
I magistrati Carlo Villani e Ilaria Calò stanno lavorando con i carabinieri del ROS e con gli artificieri per ricostruire la dinamica e individuare chi abbia collocato l’esplosivo.

Un testimone ha riferito di aver visto un uomo con un cappuccio fuggire pochi istanti dopo la detonazione. Gli investigatori ipotizzano che l’ordigno non fosse telecomandato, ma attivato manualmente con una miccia a lenta combustione, dettaglio che fa pensare a un’azione artigianale ma studiata nei tempi e nei movimenti.

Sono al vaglio quattro o cinque piste investigative, tutte legate al lavoro d’inchiesta di Ranucci: in particolare alle recenti puntate di Report che hanno toccato temi sensibili come corruzione, appalti pubblici, sanità, università e affari legati all’energia.


Un attacco alla libertà di stampa

L’attentato contro Sigfrido Ranucci ha suscitato un’ondata di indignazione e solidarietà in tutto il Paese.
La premier Giorgia Meloni ha condannato l’episodio come una «grave intimidazione» affermando che «la libertà d’informazione è un pilastro della democrazia».
Anche la segretaria del PD Elly Schlein ha espresso vicinanza, parlando di un «attacco alla libertà di stampa e alla democrazia».

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha ordinato il rafforzamento delle misure di sicurezza per Ranucci, già sottoposto a vigilanza discreta in passato, ora elevata a livello massimo.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana e Ordine dei Giornalisti hanno convocato un presidio a Roma, denunciando un «salto di qualità nelle minacce ai cronisti investigativi».


Chi è Sigfrido Ranucci

Nato a Roma nel 1961, Sigfrido Ranucci è tra i volti più noti del giornalismo d’inchiesta italiano. Dopo gli inizi a Rai International e al TG3, ha affiancato Milena Gabanelli nella conduzione di Report, diventandone in seguito il responsabile.
Nel corso degli anni ha firmato inchieste su mafia, corruzione, e poteri economici, spesso esponendosi a minacce e querele.
Proprio di recente aveva annunciato che la nuova stagione di Report avrebbe trattato argomenti “scomodi”, tra cui il business delle rinnovabili, i rapporti tra politica e sanità e presunti conflitti d’interesse nel mondo universitario.


Le piste al vaglio degli inquirenti

Le indagini puntano in più direzioni. Gli investigatori non escludono che l’attacco sia collegato:

  • a inchieste televisive recenti che hanno toccato ambienti economici o criminali sensibili;

  • a gruppi organizzati che avrebbero voluto intimidire il giornalista;

  • oppure a un atto isolato di qualcuno che si è sentito danneggiato da una puntata del programma.

La DDA non ha ancora diffuso alcun nome, ma ritiene che chi ha agito conoscesse bene i movimenti della famiglia Ranucci, poiché l’ordigno è esploso in un momento in cui il giornalista si trovava in casa e la figlia era appena uscita.


Un segnale inquietante per il giornalismo d’inchiesta

L’attentato a Sigfrido Ranucci rappresenta uno dei più gravi episodi di intimidazione ai danni di un giornalista in Italia negli ultimi anni.
L’uso di esplosivo — rarissimo nel contesto dell’informazione — segna un salto di livello nelle minacce alla stampa investigativa.
L’episodio riaccende il dibattito sulla protezione dei cronisti e sull’urgenza di garantire un contesto in cui l’informazione possa operare senza timori o condizionamenti.


Cosa succede ora

Nei prossimi giorni gli artificieri analizzeranno i residui dell’ordigno per identificarne la composizione e l’origine.
Parallelamente, la polizia scientifica sta esaminando le telecamere di sorveglianza della zona. I carabinieri del ROS hanno già acquisito i tabulati telefonici dell’area per individuare eventuali movimenti sospetti.

Intanto, Ranucci ha dichiarato pubblicamente che non smetterà di fare il suo lavoro:

“Chi ha messo quella bomba voleva fermarmi, ma non ci riuscirà. Continuerò a raccontare la verità”.

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