Dopo settimane di negoziati tesi e un numero crescente di vittime civili, Israele e Hamas hanno finalmente trovato un punto d’incontro. L’accordo, annunciato ufficialmente al termine di una maratona diplomatica tra Doha, Il Cairo e Washington, segna una tregua nel conflitto che da mesi devasta la Striscia di Gaza. Si tratta di un’intesa articolata in più fasi, che combina la sospensione delle operazioni militari con misure umanitarie immediate e la liberazione graduale di ostaggi e prigionieri.
Secondo quanto concordato, la prima fase prevede un cessate il fuoco temporaneo, della durata iniziale di quattro giorni, durante i quali Hamas dovrà rilasciare un primo gruppo di ostaggi israeliani — in particolare donne, bambini e anziani — mentre Israele procederà con la scarcerazione di decine di prigionieri palestinesi. Contestualmente, saranno riaperti i valichi di frontiera per consentire l’ingresso di aiuti umanitari, carburante e medicinali destinati a una popolazione allo stremo dopo mesi di bombardamenti.
Nella seconda fase, che scatterà se la tregua reggerà, Israele si impegna a ritirare parte delle proprie truppe dalle aree centrali della Striscia e a consentire il rientro degli sfollati verso le loro abitazioni, o ciò che ne resta. Saranno inoltre intensificati i corridoi umanitari e verranno autorizzati interventi di organizzazioni internazionali per il ripristino dei servizi essenziali. La terza fase, ancora in discussione, dovrebbe affrontare i nodi più complessi: il rilascio dei prigionieri politici di lungo corso, il destino dei combattenti catturati e, soprattutto, il futuro assetto di sicurezza e amministrazione del territorio.
Le reazioni alla notizia sono state immediate. A Tel Aviv, il governo israeliano parla di una tregua «condizionata e reversibile», mentre una parte dell’opinione pubblica chiede che non si allentino le misure di sicurezza finché tutti gli ostaggi non saranno rilasciati. Da parte palestinese, Hamas ha definito l’accordo «una vittoria della resistenza e della diplomazia», sottolineando la centralità dei mediatori arabi nel garantire l’intesa.
La comunità internazionale accoglie con cautela l’annuncio, ma con evidente sollievo. L’ONU e l’Unione Europea hanno invitato le parti a rispettare scrupolosamente i termini della tregua, sottolineando la necessità di garantire accesso immediato agli aiuti e di evitare qualsiasi provocazione armata. Gli Stati Uniti, che hanno svolto un ruolo decisivo nella mediazione, parlano di un «passo necessario per alleviare le sofferenze dei civili e aprire uno spazio per una soluzione politica».
Sul terreno, però, la situazione resta fragile. A Gaza, interi quartieri sono ridotti in macerie e centinaia di migliaia di persone vivono in rifugi di fortuna o scuole sovraffollate. Le infrastrutture sanitarie sono al collasso e la carenza di acqua potabile resta una delle emergenze principali. Anche se il cessate il fuoco dovesse reggere, la ricostruzione richiederà mesi, forse anni, e risorse enormi.
La tregua rappresenta dunque un primo, incerto passo verso la fine delle ostilità, ma non ancora verso la pace. Restano aperte le questioni di fondo: il ruolo di Hamas nel futuro di Gaza, le garanzie di sicurezza per Israele e la prospettiva di un processo politico che riporti al centro il tema, ormai rimosso, della soluzione a due Stati. Intanto, per la popolazione civile, anche una pausa temporanea dalle bombe è un sollievo atteso da troppo tempo.
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In pillole:
– Durata e fasi
La tregua entra in vigore per una durata iniziale di quattro giorni, prorogabile. L’intesa si articola in tre fasi: cessate il fuoco, scambio di ostaggi e prigionieri, e successivi negoziati politici.
– Scambio di ostaggi e prigionieri
Hamas rilascerà un primo gruppo di donne, bambini e anziani israeliani, mentre Israele libererà decine di detenuti palestinesi. Gli scambi avverranno in più tranche, sotto supervisione internazionale.
– Ritiro parziale delle truppe israeliane
Le forze israeliane si ritireranno progressivamente dalle zone centrali della Striscia per permettere il rientro degli sfollati e l’accesso dei soccorsi umanitari.
– Corridoi umanitari
Previsto l’ingresso quotidiano di camion con cibo, acqua, carburante e medicinali attraverso i valichi di Rafah e Kerem Shalom, coordinato da Egitto e Nazioni Unite.
– Mediazione internazionale
L’accordo è stato raggiunto grazie alla mediazione di Stati Uniti, Egitto e Qatar, con il supporto di ONU e Unione Europea.
– Prossimi passi
La terza fase prevede colloqui più ampi sul futuro assetto politico e di sicurezza di Gaza, con l’obiettivo di arrivare a una tregua duratura e a un processo di ricostruzione stabile.
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